Ah, le città —le mie— che usuali un sogno,
perlucido e insistente, spaesando,
in altre trasfigura e differenti,
che sono quelle eppure non lo sono
algide e ignote eppure conosciute,
familiari ed estranee (trascorro
quelle contrade in ore senza tempo,
impiccato ad un’ansia stupefatta,
mentre mi batte in testa la vertigine
come in un precipizio).