[004] Esercizi

«Che più ti resta disse il poeta Monti
e in effetti restava poco o nulla
e non quello che conta»
—Eugenio Montale

Anno Nuovo, patrono
pro tempore, Felice,
divinità minore di un Olimpo
già minimale (quasi un sottobosco
malvivente di bolidi divini,
effimeri asteroidi, un po’ comete,
meteore dissolte
già prima di toccare l’atmosfera)
portati via, passando
(ché come tutti gli altri — grazie al Cielo! —
anche tu passerai),
la pandemia — ti prego! —
l’epidemia — magari! — ;
portati via i decreti,
le decretali e l’immunologia
ma ancora più l’ideologia, le idee
assai poco platoniche, farlocche,
portati via gli immuni
al comprendonio, al sentimento
la meritocrazia coi meritocrati,
tronfi tutti e frollati e senza merito
alcuno se non quello
di essere al posto giusto nel momento
giusto, portati via i mafiosi,
le rotazioni, gli avvicendamenti,
le regole dell’anticorruzione
tanto care a corrotti e corruttori,
i peculati con gli abigeati,
le concussioni, i percussori, tutte
le nocenti evasioni,
gli invasori barbarici, i fardelli
del futuro con tutte le quartine
di Nostradamus, i troppi previsori
che prevedono quello che si vede,
porta via i dadi e quelli che li traggono,
gli inquisitori, i negromanti,
le profetesse di sventura, i re
fannulloni con le regine maghe,
portati via quei troppi
giorni di noia, i buchi
nella materia grigia, sbuffi
di mongolfiere buffe che al poeta
fecero, infine, dire:
(guardando in aria)
Che più ti resta?

Patrono di noi tutti.
Anno Nuovo, supremo
protettore di tutte le sfortune,
amico degli amici della iella,
portati via
i divi, le stellette,
i migliori di sempre,
l’espressione ‘di sempre’,
gli stessi sempre
campioni del pallone,
palloni d’oro, palloncini a scoppio,
le graduatorie, le classificazioni
la bulimia di questo tempo vuoi
mediatica vuoi comunicativa,
con quelle liste sue di discussione,
di proscrizione,
di dannazione dell’altrui memoria,
le macchine del fango, le prenotazioni
inutili, gli spurghi,
gli appuntamenti futili
presi con intenzione
nessuna di onorarli,
agende e calendari,
programmi, applicazioni,
portati via la posta spazzatura,
i gruppi in cui non ci è venuto in mente
di fare parte mai,
cancella con un clic tutti i messaggi,
abolisci di imperio
venerdì neri e lunedì per folli
cibernetici e, poi, per carità,
i video che partono
nel pieno della notte
a sirene spiegate per pubblicizzare
le solite minchiate,
e ancora senza meno i video in verticale
e (maledetto sia chi li ha inventati!)
gli spigoli rotondi,
le videoconferenze e i videoincontri
le solite invenzioni, i falsi beni
per i finti bisogni
con quel senso di vuoto che al poeta
(in sé specchiato)
a volte ha fatto dire:
Che più ti resta?

Anno Nuovo, se, poi,
fossi quel Sol Invictus che si crede
ti prego un repulisti
di frasi fatte, di rimpatriate;
di navette e di goffi torpedoni
agli aeroporti, di rilevatori
insulsi di metalli e metalloidi,
oblitera e cancella, se lo puoi,
le troppo lunghe attese dei convogli
che arrivano giammai,
annulla tutti quanti
gli imbarchi clandestini,
chi in fila alla stazione
prima di te, racconta
intera la sua vita al bigliettaio,
i messaggi vocali, le segreterie,
chi ti dice “buon giorno”, anzi che dice
“buona giornata”, “buon proseguimento”
volendo, invece, dirti: “a quel paese!”,
Harald dal Dente Azzurro (e Sven
Barbaforcuta chi lo scorda: che
qualcuno prima o poi
li porti alla malora!)
le serie tivvù sui re dell’Inghilterra,
su Elisabetta Prima e, poi, Seconda,
Enrico VIII e tutte le sue mogli
una volta per tutte (e tutte quante!),
che sai quanto più allegro e variopinto
tutto sarebbe stato se soltanto
la cugina, regina della Scozia,
avesse imperversato alla brughiera
o avesse vinto l’Invincibile
Armata, invece vinta, poi (ah, che privato
impudico decoro!),
il rap, il trap e i rapper italiani,
le macchine volanti per i gonzi
di Leonardo,
che importano a nessuno (a lui neppure),
quelli che già dal primo incontro (forse
in anni tanti non te ne eri accorto)
ti vogliono spiegare come vada
il mondo ed al poeta
in un sospiro afflitto
farebbero anche dire:
Che più ti resta?

Anno Nuovo molesto,
che torni un’altra volta troppo presto
(di un anno ci avvicini all’anno nostro
—già l’ultimo!), cancella,
oblitera col Vecchio
quei funerali senza fine
in quaranta puntate e tanti giorni
di questa o quella testa coronata,
di stregoni bonari o duci massimi,
la pasta scotta e quella troppo al dente,
cancella il Gotha
dei Gotha e tutti quanti i Gotha,
tu spezza il ciclo, annulla
anniversari, commemorazioni
di questo o quello che neppure mai
vorrebbe sé commemorato, fai
piazza pulita
per una buona volta
di tutte quelle frasi fatte, i miti
in cui crede nessuno, quelle nulle
patetiche figure — per esempio:
Federico II (Svevia e Prussia) —
i nati nella porpora e nell’oro,
quelli che vincono
sempre i concorsi pure senza darli
quelli che sono sempre i primi
in ogni graduatoria e pure sono
i primi che salgono
ad ogni scaletta di aeroplano,
che vincono da sempre le elezioni
gli amatori del freddo e dell’inverno,
ti prego fa’ man bassa
delle masnade celebranti
delle masse plaudenti, delle ciurme
ogni volta supine a festeggiare
questo o quel vincitore o quel potente
o questo quasi come
vincitori e potenti non cambiassero
di continuo nel flusso degli eventi,
cancella la memoria degli inquieti
disperati momenti in cui il poeta
epico e sconsolato avrebbe detto:
Che più ti resta?

Anno Nuovo, però,
in cambio, invece, lasciaci i bacini
sfuggiti dalle labbra e pure quelli
danzanti e, poi, perfino
quegli altri al monte delle valli
colmi d’azzurro e d’acqua e di bei sogni
di sesso dentro gli ascensori;
ridacci indietro tutti i bei fioretti
che abbiamo fatto e, poi, fa’ ritornare
le barchette di carta
che abbiamo a malincuore abbandonato
alla corrente allegra dei rigagnoli
ridacci i viaggi inaugurali e le promesse
invano estorte dalle primavere,
dai risvegli felici senza sogni,
i dentini da latte persi ormai
sotto i cuscini (almeno per contarli),
ridacci il tempo senza ore
le anatre impazzite mandarine
le femmine assassine,
i germani reali cogli svassi
maggiori, ma soltanto
se sono uguali a quelli che ci hanno
sconvolti quella prima volta in bilico
(al parco) sulle sponde di un laghetto,
ridacci le quartine di ottonari
baciati, le Stanze per la Giostra,
le occasioni mai colte e, soprattutto,
le occasioni immaginate solo
(ché mai ci sono state),
perché di questo viviamo
e delle nostre illusioni
di cui si sa che abbiamo un gran bisogno
come dell’aria e, certo, del respiro;
ridacci, sì, le arie dei soprani,
le cavatine e, poi, le cabalette;
facci credere,
per un istante almeno,
in un amore, un mito, un’avventura;
indùcici di nuovo in tentazione,
ridacci il volo delle gru
candidi alianti in fila sul turchese
per incanto; lo stesso che al poeta
meravigliato, avrebbe fatto dire:
Che più ti resta?

Anno Nuovo, ridacci — te ne prego! —
(cioè, dacci di nuovo!)
le Panda rosse e gli ombrellini gialli
comprati al Rockefeller Center,
le bottigliette di Sanpellegrino
frizzanti in un bel barettino
di Central Park, la Kaiserhof di Vienna,
i waltzer, freddolosi, per la strada,
la neve in piazza Venceslao a Praga
nel soffice silenzio di dicembre
già mentre si allontana in taxi
chi va a puttane,
dacci il Tempio del Cielo e la Città
Proibita, i film di Eric Rohmer,
il disc-man della Sony nel métro,
ridacci intera Notre-Dame, ridacci
la matriarca franco-
africana giù in fila per la torre
Eiffel, la gioia primordiale, intensa,
piccola, ogni mattina, di gustarsi un buon
pain-au-raisin e pain-au-chocolat
sempre, prima di andare a lezione
fino a rue des Archives,
le Cascate Vittoria viste dal battello
che sbuffa lento lungo lo Zambesi
ridacci le Cascate
del Niagara nel freddo marzolino
di Buffalo, ridacci i caroselli
di spruzzi e tonfi d’acqua, fa’
che proviamo di nuovo quell’istante
in cui come in un’estasi la Porta
della Città a Valletta ci è sembrata
quella del Paradiso,
ma ancora più ridacci
quante le volte tutte (ad una ad una)
che volevamo ubriacarci e quelle,
invece, poche che, ad ottobre,
poi, ci siamo riusciti nei tendoni
per urinare dopo sulle scale
di ingresso di una banca e vomitare
nel vano della doccia,
felicemente e finalmente scemi
canticchiando fra sé, sovrappensiero:
“Che più ti resta?”

1 gennaio 2021-14 gennaio 2023

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *